I derivati che non fanno paura

da | Investimenti | 4 commenti

Investire in Derivati non è per tutti, sono strumenti complessi e ad alto rischio, ma tra i tanti strumenti disponibili, ce ne sono alcuni che possono risultare più accessibili anche ai più diffidenti, rivelandosi come una buona opportunità per bilanciare investimenti obbligazionari nel proprio portafoglio.

Basta qualche domanda ad un aperitivo o alla macchinetta del caffè, per capire che la maggior parte delle persone è terrorizzata dal mondo dei Derivati, comprese quelle già avvezze al mondo degli investimenti.

Viene da chiedersi perché?

Forse perché sono sempre stati dipinti come strumenti terribilmente complessi, in grado di fornire risultati soltanto assumendosi rischi elevati.

O forse, perché nei film e nelle serie TV vengono accostati a fatti incresciosi del mondo finanziario.

I motivi possono essere i più disparati, ma in concreto: che cosa sono davvero i derivati?

Cosa sono i derivati?

Gli strumenti derivati sono prodotti finanziari in grado di derivare il loro valore da un’altra attività finanziaria definita asset.  Un asset può essere rappresentato da azioni, obbligazioni, materie prime, indici e così via.

Tutto qui? Ebbene sì, questo è il reale significato in tutta la sua semplicità. Tuttavia, negli anni l’ingegneria finanziaria ha continuato ad evolversi, permettendo la costruzione di strumenti, anche molto complessi, combinando ed assemblando asset altrettanto strutturati.

Spesso sono gli stessi emittenti a complicarne la struttura per “confondere” l’investitore meno esperto. E a questo vanno aggiunte anche politiche di marketing aggressivo, che accompagnando la fase di emissione e vendita rendono il tutto il “mix del terrore”.

Ecco perché, si tratti di derivati o strumenti più semplici, il consiglio è sempre quello di capire il funzionamento di un prodotto finanziario prima di sottoscriverlo.

È meglio non fare niente coi tuoi soldi piuttosto che qualcosa che non capisci.

Suze Orman

I certificati di investimento

Tra i tanti strumenti derivati esistenti (futures, opzioni, swap etc..), uno di essi ha catturato, di recente, la mia attenzione: i Certificati di Investimento (o Investment Certificates).

Questa tipologia di derivati presenta una moltitudine di strutture possibili, tali da renderli uno strumento estremamente versatile, adatto a diverse propensioni di rischio e di orizzonti temporali.

I certificati di investimento sono strumenti finanziari quotati, precisamente “derivati cartolarizzati”. che nascono dalla combinazione di diverse strategie formulate dagli istituiti emittenti (generalmente banche di investimento), principalmente tramite opzioni e futures, in relazione alle esigenze della clientela.

Si diffondono a partire dagli anni ‘90, in concomitanza con l’aumento della propensione al rischio delle famiglie (households) e alla necessità di utilizzare, in alcuni scenari di mercato, strumenti diversi da quelli tradizionali come: azioni, obbligazioni e fondi.

I certificati risultano utili soprattutto in un contesto di New Normal in cui i tassi di interesse rasentano lo zero, rendendo così il mercato dei Titoli di Stato una “non scelta” di investimento, tanto quanto quella del mercato azionario, a causa della sua estrema volatilità.

Partendo dalla Germania, i certificati hanno avuto negli ultimi anni una rapida diffusione e attualmente sono strumenti quotati in 14 Borse europee. Tuttavia, più del 95% dei volumi e delle emissioni si concentra nei primi 5 mercati, tra cui è presente il SeDex di Borsa Italiana.

Cosa definisce un certificato?

La maggior parte dei Certificati è costituita da pool di Opzioni, per la maggior parte esotiche, in grado di attribuire allo strumento caratteristiche specifiche, in relazione alle esigenze dell’emittente, derivando il proprio valore da uno o più asset sottostanti.

Ma quali sono le informazioni necessarie che bisogna conoscere?
In sintesi:

    • Il Sottostante: solitamente uno più titoli azionari o indici azionari. In alcuni casi più rari anche fondi ed ETF
    • Il Valore nominale: ovvero il valore di partenza dello strumento, generalmente 100€ o 1000€, facilmente accessibile agli investitori
    • il Lotto minimo: quasi sempre pari a 1 Certificato
    • la Data di emissione: data in cui viene emesso lo strumento
    • la Data di scadenza: data in cui il Certificato cessa di esistere
    • le Date di rilevazione intermedie: date che sono presenti in alcune tipologie di certificati, al raggiungimento delle quali, viene effettuata una valutazione per garantire all’investitore, l’ottenimento di un premio (cedola, rimborso anticipato etc.), nel caso in cui il sottostante si trovasse al di sopra o al di sotto di determinate soglie.
    • lo Strike price: livello di prezzo dell’asset sottostante al Certificato al momento dell’emissione, che viene utilizzato per il calcolo di diversi fattori
    • la Barriera: è l’elemento tipico di questo genere di strumenti. Si tratta di un livello di prezzo fissato in sede di costruzione e calcolato in percentuale sullo strike price (che è il prezzo di esercizio per poter operare) o in valore assoluto del sottostante, che protegge l’investitore dalle variazioni di prezzo entro una determinata soglia.

      Tale barriera può essere valutata solo a scadenza (barriera discreta) o in via continuativa durante la vita dello strumento (barriera continua). Può presentarsi al rialzo, garantendo la funzione di copertura nel caso in cui il sottostante alla data di valutazione si trovasse al di sopra della soglia stabilita (ipotizzando quindi uno scenario rialzista), oppure al ribasso, nel caso opposto.

      Scegliere una barriera relativamente bassa, intorno al 50-60%, è sinonimo di maggior prudenza e quindi maggiore avversione al rischio. Il Certificato infatti, andrà a perdere parte delle sue caratteristiche di protezione soltanto nel caso in cui il sottostante subisca: perdite di valore superiori al 50%-40%, svalutazioni molto consistenti o difficilmente realizzabili per alcune tipologie di asset.Diversamente barriere più elevate, intorno al 80-90%, mostrano una propensione al rischio maggiore, dove l’investitore sceglie una misura di protezione inferiore a fronte di un rendimento maggiore.

    • Cedola/coupon: è il premio periodico garantito da alcune tipologie di Certificati al raggiungimento di determinate condizioni
    • Cap: il massimo valore rimborsabile all’investitore
    • Bonus/Premio: il livello di prezzo fissato in percentuale sullo strike price iniziale che permette di ottenere un Premio/Bonus a scadenza, nel caso in cui la barriera non sia stata infranta.

Questi dieci elementi permettono di capire la strategia formulata all’interno del Certificato.

Ulteriori tre fattori risultano spesso presenti nelle attuali emissioni di Certificati:

– si tratta in primis, del cosiddetto Effetto memoria, peculiarità che se presente, offre un gran vantaggio all’investitore: tale clausola consente infatti di accumulare le cedole alle varie date di rilevazione, nel caso in cui non dovessero essere state pagate, permettendo all’investitore di ottenerle, se ad una data di rilevazione successiva si verificassero le condizioni necessarie per l’ottenimento.

– altrettanto diffusa è la clausola di Autocall, condizione per la quale è previsto il rimborso anticipato da parte dell’Emittente, in caso di scenari eccessivamente favorevoli all’investitore.

– infine, il fattore Airbag permette di attutire le perdite nel caso in cui si verifichi l’evento barriera.

Le tipologie di Certificati

ACEPI, l’Associazione Italiana Certificati e Prodotti di Investimento, ha predisposto una classificazione semplice dei Certificati, in quattro macrocategorie:

– Certificati a capitale protetto
– Certificati a capitale condizionatamente protetto
– Certificati a capitale non protetto
– Certificati a leva

Ogni categoria possiede caratteristiche specifiche che rispecchiano la versatilità dello strumento.

Certificati a capitale protetto

I Certificati a capitale protetto rappresentano la tipologia adatta all’investitore con propensione al rischio più bassa.
Si tratta di un prodotto assimilabile alle obbligazioni emesse dalla banca emittente: sono infatti in grado di annullare quasi del tutto il rischio legato all’attività sottostante esponendosi esclusivamente al rischio emittente.

Sono Certificati capaci di garantire totalmente o parzialmente la restituzione del capitale investito a scadenza. 

Certificati a capitale condizionatamente protetto

La categoria dei Certificati a capitale condizionatamente protetto differisce dalla prima in relazione alla modalità con cui viene garantita la protezione del capitale. Il rimborso, in questo caso, è condizionato al sussistere di determinate condizioni legate alla quotazione del sottostante sopra o sotto il livello barriera prefissato.

Questa tipologia si adatta a diversi profili di rischio proprio grazie all’opzione barriera
; è generalmente scelta dall’investitore che vuole ottenere rendimenti superiori a quelli offerti dal sottostante, in determinate fasi di mercato, principalmente quando esso è moderatamente rialzista o ribassista o nelle fasi laterali.

Il principale vantaggio risiede proprio nella capacità di mixare l’ottenimento di un profitto con la protezione del capitale, rendendolo di fatto il genere più diffuso nel mercato dei Certificati.

I certificati a capitale non protetto

I certificati a capitale non protetto hanno una struttura relativamente semplice, in quanto replicano fedelmente l’andamento del sottostante, si allineano così agli obiettivi di investitori con maggiore propensione al rischio.

La domanda che può sovvenire è: “Perché dovrebbe essere conveniente acquistare un derivato che replica il sottostante, rispetto all’acquisto diretto del sottostante?”

In realtà, la risposta è semplice: spesso alcuni sottostanti, soprattutto nel mercato azionario, presentano costi elevati o problemi di liquidità. L’acquisto del Certificato consente di investire in mercati di nicchia a prezzi contenuti e per tagli minimi ridotti, senza possedere direttamente il sottostante. Ciò garantisce vantaggi di diversificazione in portafoglio diversamente non accessibili alla maggior parte di investitori.

Certificati a leva

I Certificati a leva fissa o dinamica sono la tipologia meno diffusa in quanto la più complessa e rischiosa. Rientrano nella categoria dei Certificati a capitale non protetto con la differenza di presentare una partecipazione più che proporzionale alle variazioni del sottostante grazie all’utilizzo della leva.

Si tratta di strumenti adatti a investitori esperti in grado di assumersi rischi notevoli, in cerca di rendimenti elevati nel breve e brevissimo termine. Sono tra i meno diffusi proprio per la loro struttura.

L’investitore esperto predilige altre tipologie di derivati come Opzioni e Futures, in grado di offrire la medesima funzione amplificatrice delle performance.

I Certificati: una scelta conveniente

Quali sono i motivi per cui l’investimento in Certificati può essere una scelta conveniente?

In primo luogo, tra i vantaggi principali dello strumento troviamo il ruolo della fiscalità.

L’aspetto fiscale è uno dei principali elementi da valutare per chiarire l’attrattività di un prodotto. Nel caso dei Certificati, l’imposizione fiscale è tra le più convenienti: trattandosi di redditi diversi infatti, sono sottoposti ad aliquota del 26%, ma consentono la totale compensazione delle minusvalenze presenti in portafoglio (anche pregresse) con le plusvalenze realizzate.

Questo spiega la recente tendenza nel creare strumenti in grado di fornire rendimenti potenzialmente elevati, nel brevissimo termine entro la fine dell’anno: scadenza ultima per rendere concreta la compensazione.

Si tratta di una caratteristica unica ed estremamente vantaggiosa per l’investitore.

In secondo luogo, i Certificati, essendo combinazioni di Opzioni, sono facilmente adattabili a diversi profili di rischio ed orizzonte temporale, permettendo a diversi target di usufruire del prodotto in relazione alle proprie necessità: dai Certificati a capitale garantito per l’investitore avverso al rischio, ai Leverage Certificate per gli amanti dell’azzardo.

Si tratta di strumenti ibridi che consentono l’ottenimento di un rendimento, esponendosi ad un rischio relativamente contenuto, rappresentando di fatto una valida alternativa agli strumenti tradizionali. Consentono di godere di una maggior diversificazione in portafoglio, includendo tipologie di asset a prezzi contenuti.

Infine, i Certificati non necessitano di alcun conto margine di garanzia iniziale, obbligatorio per la maggior parte dei Derivati: di conseguenza non è possibile subire perdite superiori al capitale investito in sede di sottoscrizione.

Costi e rischi dell’investimento in Certificati

I Certificati di Investimento in quanto strumenti finanziari quotati, presentano un costo implicito rappresentato dallo spread bid-ask presente nel book di negoziazione. Oltre a questo, i costi relativi alla costruzione dello strumento sono già scontati nel suo prezzo di acquisto.

È utile ricordare la peculiarità per cui tali strumenti non consentono l’ottenimento del dividendo: esso infatti è utilizzato dall’emittente per rendere possibili alcune condizioni offerte (es: effetto memoria, Airbag, barriere molto basse etc..). In ogni caso, per legge, tutti i costi sono iscritti nel KID del prodotto (il documento informativo sintetico), consultabile gratuitamente sul sito dell’emittente.

Per quanto riguarda i rischi a cui è sottoposto lo strumento, quello che assume importanza maggiore è sicuramente legato alla solvibilità dell’emittente, diventa così fondamentale valutare il rating prima di sottoscrivere il Certificato.

Secondariamente, in quanto strumenti finanziari quotati, sono esposti al rischio di mercato e a quello di liquidità, sebbene in misura nettamente ridotta grazie alla presenza sul mercato di un Liquidity Provider o Market Maker, specialista in grado di garantire la liquidità, quotando continuamente il prezzo del Certificato in Bid ed Ask, guadagnando dallo Spread.

Conclusioni

Il rischio maggiore a cui è sottoposto l’investitore in Certificati è la scarsa educazione finanziaria, poiché conoscere i fondamenti basilari della sua struttura, permette di compiere scelte consapevoli.

L’obiettivo di questo articolo è proprio quello di incuriosire, presentando uno strumento finanziario relativamente recente, in grado di offrire risultati convenienti.

Su questi temi, è sempre opportuno sviluppare uno spirito critico, affiancandosi a figure esperte, per non cadere nelle “trappole” già fin troppo note in ambito finanziario.

I Certificati sono strumenti alternativi ibridi, che se opportunamente valutati permettono l’ottenimento di rendimenti extra, che in portafoglio aumentano la diversificazione dell’asset allocation, riducendone i rischi.

In fondo, basta conoscerli e anche i derivati non faranno più paura.

Basterà studiarli un po’ con attenzione magari attraverso risorse online gratuite come il sito di ACEPI o lo storico Certificati e Derivati di Pierpaolo Scandurra. Buon studio!

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Elena Schivo

Elena Schivo

Dottoressa in Economia Aziendale (Banca Borsa e Assicurazioni) e Laureanda magistrale in Finanza Aziendale e Mercati Finanziari

Appassionata di mercati finanziari, cerco di spiegare perché la finanza non è una minaccia, ma un’opportunità per compiere scelte consapevoli utili per il futuro di tutti.
Il mio obiettivo è incuriosire più persone, coniugando i miei studi accademici con la passione per i temi finanziari.