Pensieri e pensioni

Parlando con amici e clienti sui temi di previdenza integrativa, mi capita spesso di spiegare loro la differenza tra “sistema a ripartizione” e “sistema a capitalizzazione”.
Il sistema a ripartizione, utilizzato dall’INPS e dalla maggior parte dei sistemi pensionistici pubblici, prevede per legge, che tutti i lavoratori attivi (e le aziende che impiegano personale), versino una parte del proprio reddito come contributi previdenziali.
Quanto raccolto dall’INPS non viene reinvestito in strumenti di qualche tipo al fine di redistribuire una futura pensione agli stessi contribuenti, ma viene immediatamente ripartito come prestazione, tra i gli iscritti negli elenchi pensionistici.
Al contrario, la previdenza complementare privata si basa su un sistema a capitalizzazione, cioè: raccoglie i contributi volontari dei singoli sottoscrittori delle polizze, per accantonarli e reinvestirli allo scopo di far crescere quei capitali e restituirli ai propri clienti, una volta che sono andati in pensione.
Il sistema a capitalizzazione risulta meno iniquo, poiché quanto verrà erogato sarà la diretta correlazione tra quanto versato e la bontà delle performance/costi che l’investimento avrà generato.
Il sistema a ripartizione invece, essendo vincolato alle entrate contigenti, è fortemente dipendente da alcune variabili: il tasso di occupazione, l’indice demografico, la crescita economica e quella dei redditi da lavoro.
E’ evidente che con l’aumento dell’aspettativa di vita e la necessità sempre più presente, di erogare pensioni consistenti, un’Italia in stagnazione economica non potrà mantenere un sistema pensionistico che eroga più di quanto raccoglie senza dover compensare con risorse esterne l’equilibrio necessario al sistema.
E senza crescita, queste risorse possono avere solo due nomi: nuove tasse o debito pubblico.

Giovanni Cuniberti
Consulente finanziario fee only, Esperto di mercati e Docente a contratto dell'Università di Torino
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