Un equivoco cartello

Stamattina riflettevo col barista su quanto siano importanti le parole e sull’effetto che fanno.
L’influenza che che esercitano su di noi è notevole, sia quando le usiamo intimamente nei nostri pensieri, sia quando sono parole di dominio pubblico, perché siamo noi a pronunciarle o perché siamo noi a sentirle quando sono pronunciate da altri.
Così il concetto di “mi sono indebitato” risuona come un pesante fardello, un vincolo più o meno stringente, mentre cambia connotazione se invece “chiedo un prestito”.
E quando “mi faccio prestare dei soldi”, a livello inconscio, sto aggiungendo una parte di progettualità che implicitamente prevede la restituzione di quei soldi – anche se di certo non la garantisce.
Dire: “stipulo un mutuo” possiede qualcosa di solenne, risuona maturità e scelte di lungo termine.
Al contrario “chiedo un finanziamento” fa risuonare insensatezza, incoscienza per l’impazienza di ottenere subito qualcosa che non sono in grado di permettermi.
Per sembrare professionale posso rivelare al mio amico che “mi sono esposto per un valore importante”, ma senza dover essere costretto a confessare a mia moglie che “mi sono impegnato per una grossa cifra” e quindi: no… non possiamo cambiare auto.
Il barista però non credo abbia capito il discorso.
Ho cercato prima nel portafogli, poi nelle tasche e… no non avevo spiccioli.
Così ho sorriso e gli detto: “ti devo un caffè!”.
Anche lui mi ha sorriso mettendosi a fissare un equivoco cartello.

Giovanni Cuniberti
Consulente finanziario fee only, Esperto di mercati e Docente a contratto dell'Università di Torino
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